Al giorno d'oggi è difficile parlare di HR senza citare l'analisi dei dati. Dalla prima e-mail durante le procedure di selezione al colloquio di fine rapporto, i big data stanno cambiando il modo in cui ci rapportiamo alla gestione dei talenti. Sebbene ottime capacità relazionali e un intuito spiccato rimangano comunque fondamentali nelle risorse umane, una carriera in ambito HR al passo coi tempi non può prescindere da una mentalità simile a quella rappresentata nel film L'arte di vincere.
La transizione da un percorso professionale principalmente guidato dall'emisfero destro del cervello a un percorso che si affida sostanzialmente all'emisfero sinistro ha creato, com'era prevedibile, un divario di competenze nel settore. Di certo gli strumenti e i prodotti che possono aiutare i responsabili HR utilizzando i big data non mancano, ma non tutti sanno come districarsi tra le molteplici possibilità di analisi della forza lavoro. La soluzione? Secondo Michael Arena, Chief Talent Officer di General Motors, le HR necessitano di un alleato fidato: il reparto IT.
Arena, che l'anno scorso ha parlato alla Wharton People Analytics Conference, è conosciuto come uno dei primi fruitori e dei principali sostenitori delle analisi HR. Il suo curriculum ricco di esperienze in questo ambito è una rarità per un dirigente HR. Arena si è laureato in ingegneria, è stato visiting scientist presso il MIT Media Lab e ha conseguito un dottorato in dinamiche organizzative. Grazie a questo bagaglio di esperienze, Arena ha acquisito una profonda consapevolezza di quanto il settore HR necessiti di maggiori competenze nella gestione dei big data.
Abbiamo intervistato Michael Arena per saperne di più sulla sua partnership con il team IT di General Motors, capire perché ritiene che i reparti HR e IT dovrebbero unire le forze e scoprire cosa vede nel futuro delle workforce analytics.
I reparti IT sono essenziali perché sanno come proteggere i dati, come analizzare i dataset e come integrare soluzioni trasversalmente ai diversi sistemi. Il team IT è fondamentale anche perché aiuta le HR a semplificare i sistemi traducendoli in interfacce web o dashboard di uso quotidiano. Non basta mettere assieme un gruppo di data scientist, bisogna anche far sì che i risultati delle analisi siano utili all'azienda.
Per esempio, abbiamo creato una dashboard relativa alle posizioni di leadership per individuare i dati demografici ricorrenti all'interno di gruppi specifici. La soluzione è stata progettata dal reparto IT e ci consente di misurare svariati indicatori.
È un processo dinamico e pluridirezionale. Solitamente, la collaborazione si attiva quando abbiamo individuato un'esigenza specifica da soddisfare.
Tuttavia, spesso accade che il team IT sviluppi una nuova funzionalità e, da lì, iniziamo a riflettere su come possiamo applicarla alle nostre analisi.
Le analisi dei social network, ossia lo studio delle connessioni tra le persone e del modo in cui queste reti le aiutano a migliorare i rapporti con gli altri. Secondo diverse ricerche accademiche, il 40% delle performance dipende dal posizionamento degli individui all'interno di una rete.
Per eseguire queste indagini, possiamo utilizzare dei semplici sondaggi, che il team IT può successivamente usare per aiutarci a creare dei modelli. La parte più difficile è la visualizzazione. Esaminiamo elementi quali le reti di consulenza professionale o le reti di innovazione: a volte, basta sapere chi sono gli intermediari oppure capire la struttura delle reti informali per fare la differenza.
L'incompletezza dei dati. Spesso so che mancano degli elementi, ma è difficile capire quali. Noi analizziamo le persone e questo costituisce una sfida a sé, perché il comportamento degli individui non è prevedibile.
Senza contare che l'analisi riguarda diversi aspetti. Ed è qui che entra in gioco il pragmatismo. Dobbiamo essere in grado di capire quando abbiamo a disposizione una quantità sufficiente di dati di qualità per prendere una decisione e, a volte, dobbiamo comprendere come fare delle scelte sulla base di ciò che abbiamo.